La comunità di Clan “Nuovi orizzonti” del gruppo Gallarate 1, ci racconta i tre giorni vissuti in route di Pasqua
In data 14 Aprile, ore 6.45 il Clan nuovi orizzonti del Gallarate 1 si è dato ritrovo in stazione pronto a partire e a vivere la route di pasqua. Questa route sarebbe durata fino al 16 sera tardi. Ovviamente, visto il periodo dell’anno e la ricorrenza della pasqua, il nocciolo di questi tre giorni è stato la fede. Abbiamo comunque ritenuto fosse cosa buona vivere della strada, siamo quindi partiti dalla stazione di Lierna con l’obiettivo di raggiungere Colico.
L’inizio della strada
La strada si è presentata con una salita in grado di mettere in difficoltà alcuni membri della comunità, e di conseguenza è da subito stata capace di farci riflettere sui nostri limiti e a porci in una condizione di aiuto reciproco. Dopo la sosta del pranzo, la salita ci è stata nuovamente compagna fino a quando abbiamo raggiunto la prima tappa dove avremmo dovuto pernottare. Verso sera c’è stato il primo vero momento di fede significativo, percorrendo le tappe del triduo pasquale, si è cominciato con la lavanda dei piedi. Abbiamo poi proseguito con del deserto personale accompagnato da alcuni spunti per riflettere. Questo momento ha visto protagonista ogni membro della comunità, in particolare i ragazzi prossimi alla partenza considerando la scelta di fede che sono chiamati a maturare. La sera abbiamo vissuto attimi preziosi per la comunità stando attorno a un vivido fuoco di bivacco, accompagnato da bans e canzoni.
Le difficoltà vissute
Il giorno seguente è subito cominciato con delle complicazioni dovute a errori di calcolo sul percorso. Non ci siamo persi ma ancora una volta alcuni di noi si sono ritrovati in difficoltà. Nel pomeriggio, sempre mentre camminavamo, abbiamo vissuto il secondo momento di fede, ovvero la via crucis. L’impostazione è stata che durante il cammino ci si fermava per poter riflettere attraverso testi e altri spunti. E’ stata nostra compagna durante la strada anche una croce, costruita da noi il giorno prima, sulla quale alla conclusione abbiamo piantato dei chiodi, rappresentanti quelli che per noi sono i mali nel mondo. Le difficoltà però non erano concluse, in quanto gli errori di calcolo della strada ci hanno costretti a dover mandare alcuni tra i nostri più veloci in avanti, in modo che potessero recuperare le chiavi del posto in cui avremmo dovuto dormire. Si sono quindi staccati due ragazzi che, nel mentre procedevano a camminare, hanno notato alcune fiamme in lontananza. I due si sono subito allarmati e, una volta andati a controllare, hanno appurato ci fosse un incendio. Dopo aver tentato di estinguere le fiamme, hanno chiamato i soccorsi. Arrivati i soccorsi e vista la situazione calmarsi hanno potuto procedere, fino a raggiungere l’ultimo posto in cui avremmo dormito. Una volta che la comunità tutta si è riunita, la stanchezza era, giustamente, palpabile. Abbiamo quindi deciso di cenare subito per proseguire con l’ultimo momento dedicato al triduo, nel quale abbiamo pregato accompagnandoci con il testo del Vangelo, e nel momento in cui si è annunciata la morte di Gesù abbiamo simbolicamente spento il fuoco.
Il ritorno
La giornata seguente si è sviluppata senza particolari intoppi. Abbiamo raggiunto Colico verso il tardo pomeriggio, avendo anche la possibilità di stenderci sulla riva del lago, e vivere uno degli ultimi momenti di comunità per questi tre giorni. Il ritorno è stato sempre in treno e una volta arrivati a Gallarate abbiamo partecipato alla veglia in chiesa, un modo giusto per concludere la nostra route di fede.
Gli scout del “ClanMello” raccontano l’intervista ad Olha, Commissaria internazionale degli scout ucraini
Lo scoppio di una guerra a pochi passi da casa nostra ha destato diversi sentimenti: stupore, per il fatto di una nuova guerra in Europa, e paura, perché è un conflitto che vediamo tutti i giorni alla Tv e sui social. Questa guerra non coinvolge solo soldati, ma soprattutto i civili che subiscono le conseguenze delle decisioni di chi sta al potere. E sui social tutto è ancora più amplificato: vediamo video e foto di comuni cittadini ucraini e, anche se distanti, sembra che noi stessi stiamo vivendo questa situazione. Cercando di capire cosa stesse vivendo una persona della nostra stessa età in Ucraina, noi ragazzi dei clan del Somma Lombardo 1 e del Lago di Varese 7 abbiamo cercato di entrare in contatto con qualcuno che stesse, purtroppo, vivendo l’orrore della guerra. In questo caso, i social sanno dare una mano: tramite la pagina Instagram dell’Organizzazione Mondiale degli Scout, abbiamo trovato l’indirizzo email degli scout d’Ucraina, che ci hanno indirizzato ad Olha Dybkaliuk, ragazza di vent’anni e Commissaria internazionale per gli scout ucraini, che abbiamo potuto intervistare il 4 marzo 2022.
L’intervista
La prima domanda è – e può sembrare semplice e senza senso, ma in questi tempi difficili non è così semplice e banale – : come stai?
E’ in realtà una bella domanda perché anche i miei amici all’estero mi chiedono tutte le volte “come stai” e non posso veramente dire che sto bene. Non sto alla grande, sto bene. Non sto ancora bene, non mi sento ancora sicura perché non sai mai cosa può accadere tra 5 secondi, 5 minuti, 5 ore o altro, ma almeno, in questo momento, sono in un piccolo paesino vicino a Kyiv, dove non ci sono i missili, le bombe, le esplosioni. Posso dichiarare, in effetti, che mi sento molto meglio rispetto a milioni di cittadini ucraini in questo momento.
Ora ti chiederò altre cose per essere più specifici: dove vivi o meglio, dove abitavi o dove abiti e dove sei in questo momento?
Io, all’inizio, ero a Kyiv, vengo dalla capitale dell’Ucraina. Questa è la città più bella che abbia mai visto e questa è la mia Casa. Nonostante ciò, sono stata costretta ad abbandonarla a causa del grande pericolo che mi sarebbe aspettato lì. Ora sono in questo villaggio vicino a Kyiv, vicino a Boryspil’, che è il nostro aeroporto internazionale, forse dovreste conoscerlo, perché è molto famoso. Qui, in questo momento, è calmo perché, come ho detto prima, non ci sono le truppe terrestri russe, non ci sono missili, non c’è l’aviazione russa, quindi posso supporre che questo sia un posto sicuro per questa settimana, lo è stato per la settimana passata e forse anche per la prossima, ma non posso dirlo perché nessuno sa cosa accadrà.
Quali sono i sentimenti che provate tu, la tua famiglia e i tuoi amici in questo momento?
È terribile, è una sensazione che non augurerei mai a nessuno di provare. Perché siamo stati abituati a vedere la guerra come qualcosa di lontano da noi, che pensavamo non sarebbe mai accaduto nel XXI secolo. Mai avrei pensato che la guerra sarebbe arrivata nel mio Paese. Ora come ora, realizzo che cosa sia la guerra, la vedo con i miei occhi. So cos’è, ma una settimana fa mai l’avrei immaginato. Per me la parte più difficile di quello che stava accadendo è stata svegliarmi la mattina presto del 24 febbraio, lì abbiamo realizzato che ci sono state delle esplosioni a Kyiv. Ricordo il giorno prima, il 23 febbraio: ero molta agitata e in ansia ed ero come se qualcosa stesse accadendo. Putin ha firmato i documenti che dichiarava loro (Donetsk e Luhansk) appartenenti alla Federazione Russa, questo significava che lui e le truppe russe avevano il permesso di entrare in territorio ucraino. Pensavo fossero ancora delle provocazioni, ma avevo molta ansia. Poi mi sono svegliata presto la mattina e ho detto “mamma, ma cosa sta succedendo?”. Poi lei mi disse “Putin ha fatto iniziare una guerra”. Mi si è spezzato il cuore perché mai avrei pensato che questo fosse possibile. Voglio piangere, ma non ho nemmeno le lacrime per farlo. È davvero dura da immaginare, da realizzare e capire. Comunque, durante il primo giorno, eravamo molto spaventati, ho guardato le notizie, ho letto dell’invasione su vasta scala da diverse direzioni, non solo dal confine russo, ma anche da quello bielorusso, cosa che mi ha stupito ancora di più avendo lì molti amici.
Abbiamo visto foto e video di ucraini che sono stati obbligati a prendere le armi: tu eri pronta a combattere contro il nemico, contro l’armata russa per difendere l’Ucraina?
Come individuo, come persona, come ucraina, come cittadina di Kyiv, sì, assolutamente. Dico che, se necessario, lo farò: prenderò la pistola, andrò dalle Forze Armate dell’Ucraina o dalla Difesa Territoriale. Dall’inizio di tutto questo… è difficile parlare di questo perché ho detto a mia madre “mamma, se c’è il bisogno, combatterò per il mio paese, combatterò per i miei fratelli e per le mie sorelle”. Ho una sorella più piccola di 14 anni, ho visitato 31 paesi, ho un’istruzione completa, ma lei non ha avuto ancora queste opportunità. E vorrei che esplorasse il mondo, la voglio vedere vivere una vita normale; e se c’è il bisogno di dare la mia vita per la sua lo farò. Questo è un mio dovere come cittadina d’Ucraina, come figlia di questo Paese. Lei ha detto “no, sei la commissaria internazionale, devi combattere nel campo dell’informazione, devi diffondere le informazione su quello che sta accadendo in Ucraina in tutto il mondo.” Quando siamo andati via da Kyiv, i primi giorni sono stati orribili: mi sentivo una disertrice, ho lasciato Kyiv senza contribuire agli sforzi dell’Esercito. Poi ho realizzato che sono molto più utile dando informazioni sull’Ucraina e diffondendo notizie, ad esempio con questa intervista, rendendo consapevoli le persone.
Qual è la tua opinione riguardo la Russia e i russi? E poi: hai amici russi e qual è la loro opinioni riguardo la guerra?
Ho uno zio e tre cugini che vivono a Mosca, e sono persone adorabili. Dal momento che hanno un forte legame con me, gli ho sempre detto cosa stava accadendo in Ucraina. Loro non guardano la propaganda, sanno cosa accade nel mondo. Sono brave persone, ma quando parlo con altri russi che sono in Russia, che sono miei conoscenti, loro hanno una propria idea di quello che sta succedendo. Sono offesi, dicono che non è colpa loro, che non hanno scelto il presidente, che non hanno mai voluto questo governo e le persone al loro interno. Non volevano che iniziasse questa guerra. Loro, però, non credono che le truppe russe stiano attaccando l’Ucraina in questo momento; dicono “sono ucraini, che si comportino come ucraini!”: ero rimasta senza parole. Allora ho iniziato a raccontare la verità.
Che cosa, come scout, stai facendo in questo momento?
Come scout, e sono la Commissaria internazionale, faccio molte chiamate cercando di rendere consapevoli anche senza esagerare. Siamo in contatto con molte persone e ho una sorta di canale di comunicazione con gli Stati vicini per aiutare le famiglie degli scout ucraini che hanno deciso di andare all’estero. Grazie alle donazioni delle varie campagne mondiali scout, vengono agevolati gli aiuti umanitari provenienti da paesi differenti. Questo è quello che accade dalla mia parte. Ci sono i capi scout adulti che stanno facendo un grande lavoro adesso; sono persone che hanno accesso ad internet, fanno incontri su Zoom per intrattenere i bambini affinché non siano preoccupati e spaventati. Molti capi scout stanno aiutando le nostre organizzazioni di volontariato come la Croce rossa o in comunità locali per cucinare per la Difesa territoriale. E, sicuramente, moltissimi scout si sono riuniti per gli aiuti umanitari, aiutano in questa fase e si rendono volontari in organizzazioni o semplicemente verso le persone bisognose, verso i senza tetto. Questo è quello che stiamo facendo ora. La comunità internazionale ci chiede “perché non lo fate vedere sui social? Vogliamo vedere”. Sì, è vero, con lo scopo di mantenere alto lo spirito delle persone, dobbiamo farlo. Ma sai, quando le bombe stanno sopra la tua testa, non pensi a scattare foto. Mi è stato chiesto di scattare qualche foto per una campagna di informazione; quello che possiamo fare lo facciamo, facciamo del nostro meglio, ma, sfortunatamente, non ci sono molti momenti.
Forse il nostro tempo è scaduto. Sono veramente grato per quello che hai detto, per ciò che ci hai raccontato. E ancora, non riusciamo ad immaginare quello che voi state realmente vivendo…
Lasciami dire, a questo punto, che sono estremamente contenta che non potete immaginare quello che sta accadendo e prego per tutto il mondo, prego per il meglio, prego affinché arrivi la pace nella nostra terra, affinché voi non proviate mai questo. E ti dico che prima dell’arrivo della guerra, non avevo mai apprezzato questa pace. Quindi, come amichevole promemoria, sono contenta che non ve lo aspettavate e vi auguro, vi auguro veramente, dal profondo del mio cuore, di non provare mai questo. Mai, mai e poi mai nella vostra vita.
POSSIAMO CONDIVIDERE QUESTa intervista?
Questa è una cosa che voi potete fare, e che posso fare anche io. Grazie per questo apprezzamento, grazie per questa offerta. Quindi per favore, fate pressione; questo è quello che potete fare ed è una cosa che aiuta davvero. Anche se sapete di non avere molti follower, o che il video verrà visualizzato due, tre volte, solo tre persone che vedranno l’intervista, loro capiranno cosa sta succedendo. Quindi sono davvero grata, estremamente grata per tutto quello che state facendo. E vorrei dirvi che forse, qualche volta, potrei essere sembrata una persona cinica, molto severa e insensibile, ma sono una persona che sta affrontando dei problemi enormi, che è stata agitata per tutto questo tempo, che ha visto tutto questo con i propri occhi. Voglio solo che voi capiate, nonostante tutto quello che sta accadendo in Ucraina, che noi siamo ancora creatori di pace, siamo ancora messaggeri di pace, siamo ancora persone. A volte facciamo cose che la società non si aspetta che noi facciamo, ma questa è l’unica strada. Grazie a voi, a tutta la comunità scout, all’Organizzazione Mondiale del Movimento Scout per tutti i vostri sforzi. In questo momento, ogni scout ucraino sa ora più che mai di fare parte di una grande famiglia scout. Grazie per questo incontro, per l’intervista, perché questo è davvero utile, come persona, per distrarmi da tutto quello che sta accadendo.
Le nostre sensazioni
Le emozioni della comunità di clan dopo la visione dell’intervista sono state molto forti. Accese le luci, dopo aver ascoltato e visto parlare Olha, i volti delle persone presenti erano sconvolti: molti di noi in lacrime. È stato facile per noi empatizzare con una ragazza della nostra età che condivide i nostri valori e che si trova sotto una pioggia di proiettili, missili e bombe. La disperazione nei suoi occhi la abbiamo assorbita a pieno, siamo stati travolti da una testimonianza vera e che abbiamo sentito estremamente vicina a noi, colpendoci nel cuore. È stata un’esperienza importantissima, perché ci ha fatto prendere piena consapevolezza della situazione che ha stravolto la sua vita, come quella di molte altre persone. Entrando nel vivo della questione in prima persona e capendo quanto effettivamente la disperazione di una ragazza che condivide valori che ci accomunano, come quelli cristiani e di fratellanza universale, per noi è stato difficile comprendere come è potuta arrivare a dire: “se necessario, lo farò: prenderò la pistola”. Siamo attaccati a una quotidianità che ci stanca, annoia; vogliamo sempre altro e non ci basta mai la situazione in cui viviamo, non ci accontentiamo, mai, ci lamentiamo sempre, non siamo mai grati. Questa è stata una testimonianza per capire che non è scontato nemmeno avere il cielo della propria città libero da missili, avere la possibilità di annoiarsi, di stare sdraiati in un prato senza il rischio di essere colpiti da proiettili. Il nostro terrore è l’aumento delle bollette e della benzina, capaci di non guardare oltre il confine del nostro cancello.
L’intervista completa si può leggere qui. Puoi visualizzare il video dell’intervista qui.
Finalmente, dopo lunghe giornate in cui i nostro potentissimi software hanno elaborato un’infinita quantità di dati, siamo in grado di dare più informazioni sulle ricerche effettuate.
Chi ha risposto?
Quasi duemila persone hanno completato il sondaggio, anche se le risposte complete sono state poco più della metà (costava tanta fatica arrivare in fondo vero?). Si può notare un certo equilibrio tra ex (29%) e non scout (30%), con gli scout leggermente avvantaggiati (41%). La maggior parte dei rispondenti sono femmine (61%), mentre la fascia d’età più rappresentata e quella tra i 21 e i 30 anni (all’incirca la metà). Pochi i fratellini e sorelline del branco, una ventina indicativamente. Più del previsto gli over 51 (180), tra cui vecchie glorie dello scoutismo locale che hanno potuto ricordare con il nostro sondaggio i bei tempi andati.
Da dove?
Come facilmente prevedibile, il 75% dei partecipanti proviene dalla Lombardia, e in particolare dalla nostra provincia. Nonostante ciò, siamo felici di constatare che zonavarese ha interazioni anche con l’estero (7) e qualche amico/conoscente anche in altre zone d’Italia: Liguria (53), Emilia-Romagna (50), Veneto (66) e Sicilia (38) le regioni più rappresentate. Tra i nostri gruppi scout, complimenti al Gallarate 1 per essere il più rappresentato, seguito a poca distanza dal Somma Lombardo 1 e Luino.
… un po’ di cultura scout
Cerchiamo ora di rispondere alle domande legate più alla “cultura scout” che all’esperienza personale, per capire quanto i nostri partecipanti siano preparati. Riguardo dove sia nato lo scoutismo, pochi dubbi, con il 90% di risposte corrette (Regno Unito); la risposta sbagliata più gettonata è stata USA. Percentuale ancora più elevata di risposte corrette su chi sia il fondatore del movimento scout: il caro Sir Robert Baden-Powell porta a casa il 94% delle risposte, con S. Francesco in seconda posizione con 20 risposte. Situazione simile anche riguardo quando sia nato lo scoutismo e dove sia presente: le risposte esatte (“all’inizio del ‘900” e “in tutto il mondo”) predominano nettamente sulle altre. Forse non tutti sanno però ciò che serveper essere parte della grande famiglia scout: non basta condividerne i valori (ben 441 risposte), cosa che certamente ti renderebbe un nostro caro amico e persona molto simpatica, ma bisogna recitare una promessa (695).
Personaggi famosi scout
Arriviamo dunque alla parte più attesa del sondaggio. Quali dei personaggi famosi indicati siano stati scout. Il più votato è stato Jovanotti (790), ed effettivamente il noto cantante è stato scout, e l’ha dichiarato più volte. Tante preferenze anche per Bill Gates (423), J.F. Kennedy (368), e Paul McCartney (217): tutti sono stati scout. Silvio Berlusconi (35), Donald Trump (42), Elettra Lamborghini (76) raccolgono pochi voti, e non può essere altrimenti visto che non sono stati scout. Invece hanno ricevuto poca fiducia tre donne quali Taylor Swift (86), Hillary Clinton (91) e la regina Elisabetta (109) che invece sono state scout nei loro paesi. Pensate che la sovrana del Regno Unito è anche capo onorario della Scout Association, come stabilito addirittura da B.P.
Cosa pensano di noi i non-scout
Il 77% dei non-scout dichiara di conoscere il mondo scout, ma solo il 49% pensa di sapere chiaramente cosa facciano gli scout. E’ interessante notare come le conoscenze di questo mondo derivino perlopiù da rapporti diretti, come amici/conoscenti (68%). Forse sintomo che lo scoutismo dovrebbe cercare di meglio integrarsi e farsi conoscere sul territorio. In ogni caso, i rispondenti affermano che lo scoutismo goda di buona reputazione (81%); per più di 200 persone l’incontro con scout è stato positivo.
Ma cosa fanno gli scout?
Le risposte dei non-scout si concentrano soprattutto su due aspetti: natura e formazione. Nel primo aspetto si intendono attività come camminare, giochi di sopravvivenza, vita da campeggio, attività nel verde. Nella formazione troviamo attività come il servizio, la crescita personale, l’educazione dei più piccoli.
Su questo punto le risposte di chi ha effettivamente praticato lo scoutismo sono pressoché le stesse, evidenziando però di più il valore del servizio e di cittadinanza attiva.
Cos’ha lasciato a chi lo ha praticato?
Lo scoutismo ha avuto un forte impatto sulla vita di chi lo ha praticato: più di 700 persone hanno risposto dall’otto in su su una scala da zero a dieci. Riassumendo le risposte aperte, secondo i rispondenti lo scoutismo è utile perché insegna le basi di vita e permette di fare esperienze che altrimenti non si farebbero da nessun’altra parte, fornisce un’apertura mentale perché insegna da piccola/o ad essere grande. L’ esperienza scout ha trasmesso valori come la responsabilità, l’indipendenza e la condivisione. E anche coraggio, fede, capacità di adattamento.
Considerazioni finali
Il sondaggio ha dunque mostrato come lo scoutismo possa essere una forte esperienza di vita e crescita. Non lascia indifferente chi si confronta con esso, nel bene o nel male. Visto l’interesse mostrato, gli scout potrebbero avere meno timore nel mostrarsi e nell’aprirsi alla società, per evitare che il pensiero comune cada in facili pregiudizi.
Clicca qui per il report con i risultati approfonditi.
Un sondaggio creato dagli scout AGESCI della zona di Varese mette in mostra il valore dello scautismo in Italia per chi lo pratica
Tra Febbraio e Aprile 2021 i gruppi AGESCI della zona di Varese hanno lanciato un sondaggio per scoprire che percezione gli italiani avessero dello scoutismo e conoscere gli effetti che ha su coloro che lo praticano.
Il sondaggio ha raccolto molto interesse ricevendo più di 1500 risposte.
Analizzando le risposte di chi fa o ha fatto parte del movimento scout (circa il 70% dei partecipanti al sondaggio) si è notata molta conoscenza sulla storia e la diffusione dello scoutismo: tutti sanno che è stato fondato da Robert Baden-Powell nel 1907 in Inghilterra. Oggi è un movimento attivo a livello globale che non sempre prevende distinzioni di sesso o appartenenza a un credo religioso. E’ chiaro inoltre che lo scautismo si basa su una scala di valori condivisi dai partecipanti.
Gli effetti
Tutti i partecipanti reputano fra le attività svolte dagli scout, quelle di lavoro sulla propria persona e sul servizio di gruppo come le più importanti. Molti sottolineano il valore delle letture che si svolgono insieme, della condivisione di idee e dell’importanza del confronto in ogni attività scout. Fra le altre risposte spiccano l’importanza della strada percorsa insieme, ovvero del camminare, e delle sfide che il proprio gruppo ha affrontato e superato negli anni.
Tra ciò che lo scoutismo ha lasciato a coloro che lo hanno praticato troviamo la capacità di adattamento, un forte senso di condivisione, lealtà e soprattutto consapevolezza politica e civica. Gli obbiettivi più importanti del percorso scout includono essere cittadini politicamente attivi e mettersi al servizio di chi ne ha bisogno.
Per il 54% di coloro che hanno risposto al sondaggio, non tutti sono adatti allo scoutismo. Si pensa però che tutti debbano provare a prendere parte a questa esperienza. Per altri, circa il 15% di coloro che hanno risposto, il percorso scout ha addirittura portato al matrimonio con un altro/a scout.
Questo sondaggio ha dimostrato il valore dello scoutismo per chi ne ha preso parte e ne ha messo in luce gli aspetti più importanti. L’impronta indelebile lasciata in coloro che hanno fornito la loro testimonianza evidenzia quanto ancora oggi un movimento nato più di cento anni fa abbia ancora molto da insegnare alle generazioni attuali e future.
A breve un nuovo articolo con ulteriori dati e risposte specifiche.
I clan di Somma Lombardo, Lago di Varese 7 e Tradate, raccontano dei loro servizi con Caritas, esperienze tra il mistico e lo spettacolare
Esperienza del Clan di Somma lombardo
La situazione di emergenza sanitaria, che si sta trasformando sempre di più nella normalità, ci ha impedito di vivere tante, troppe, opportunità. In primo luogo sicuramente la possibilità di vivere a pieno le nostre esperienze e attività scout: non dobbiamo però correre il rischio di chiuderci in noi stessi e agire in maniera egoistica nei confronti di chi è in difficoltà. Grazie a Caritas abbiamo l’opportunità di metterci a disposizione e fare servizio, soprattutto verso chi sta subendo maggiormente le conseguenze sociali causate dal virus.
Il servizio
Quindi è proprio ora che vogliamo dare una testimonianza vera e nel concreto. Noi ragazzi del clan di Somma Lombardo, abbiamo cominciato a collaborare con Caritas. Inizialmente sono stati proprio loro a contattarci per chiedere la nostra disponibilità per la consegna dei pacchi nelle case, dato che molte famiglie – a causa del coronavirus – erano impossibilitate a muoversi. Dopo questa prima esperienza alcuni di noi hanno deciso di cominciare un servizio personale e continuativo con loro. Siamo comunque rimasti in contatto mettendoci a disposizione per qualsiasi cosa e infatti ci hanno chiesto un aiuto per buttare via alcuni elettrodomestici.
Riflessioni
Per noi questo servizio è stato importante per vari motivi: sicuramente è stato un modo per fare attività, anche se non in maniera solita, e per far vedere al nostro territorio che ci siamo e che siamo pronti a metterci in gioco anche in questa situazione di difficoltà. Sappiamo di non aver fatto molto, ma sono state delle piccole esperienze che ci hanno sicuramente fatto riflettere: spesso quando pensiamo a chi ha bisogno ci vengono in mente situazioni irraggiungibili. Quando invece chi è in difficolta spesso si trova proprio vicino a noi, nelle nostre città, in quelle case che vediamo tutti i giorni camminando. Ci siamo accorti di quanto impegno e sacrificio c’è dietro a un servizio come quello offerto della Caritas di Somma Lombardo, conoscendo persone che veramente ci mettono il cuore per fare del bene.
Samuele-Clan 'NDUMA CLAN DUMA, Somma Lombardo 1 e Lago di Varese7
Esperienza del Clan Tradate 1
Nel novembre dell’anno scorso noi ragazzi del clan Fuoco Hanta-Yo, del gruppo scout di Tradate 1, abbiamo deciso di iniziare una collaborazione con la Caritas San Vincenzo di Tradate e di mettere a disposizione, per quanto possibile in questo momento, il nostro tempo per fare servizio. Una volta ogni due settimane, circa, ci ritroviamo con i volontari di Caritas; i volontari preparano i sacchetti con la spesa per ogni famiglia e noi ragazzi del clan ci occupiamo della consegna porta a porta.
La scelta
La scelta di collaborare con la Caritas è nata dal fatto che, a causa della pandemia, non abbiamo trovato molte possibilità di servizi. Anche se è un piccolo gesto, ci permette di aiutare chi per motivi di salute non può uscire di casa.
Dopo mesi di lockdown, gli sbandati del Clan/Fuoco Delle Valli, caricano in spalla gli zaini e partono in cerca di una nuova avventura
Spinti dalla voglia di uscire e di fare una route dopo tre mesi di quarantena chiusi in casa, noi del clan del Varese 1 ci siamo finalmente caricati lo zaino in spalla e siamo partiti all’avventura.
Ma facciamo un passo indietro: durante la preparazione del campo, la preoccupazione di non poter partire era innegabilmente molto grande. Solo un mese e mezzo prima della route l’AGESCI ci aveva dato il via per poter programmare le nostre attività. Le paranoie non ci abbandonavano, ma la volontà di partire era molto più grande. Così ognuno di noi si è impegnato al massimo per poter organizzare la route nel modo più sicuro possibile ma, nello stesso tempo, bello.
L’inizio dell’avventura
Il giorno della partenza è arrivato e già dal primo minuto abbiamo notato tutti un cambiamento. Prima di fare qualsiasi cosa ci siamo misurati la febbre e igienizzati dalla testa ai piedi. Dopo aver raccolto tutti i documenti siamo finalmente partiti.
Arrivati a Dumenza la nostra route è iniziata. La maggior parte di noi si è ritrovata a fare fatica dopo una quarantena senza essersi allenati a camminare per i sentieri, ma ciò non ci ha bloccati. La fatica è sparita quando ci siamo fermati ad ammirare il panorama ad Alpe Fontana dove abbiamo pranzato e ci siamo rilassati, riposando e cantando qualche canzone.
La nostra avventura è continuata quando abbiamo ripreso il sentiero per raggiungere l’ultima tappa della giornata: il Monastero a Pragaleto. Sul sentiero abbiamo incontrato una suora che era in missione al Monastero e ci ha indicato il sentiero per arrivarci. Pensando però che il sentiero fosse sbagliato, siamo tornati indietro ed abbiamo rincontrato la suora che, vedendoci persi, ci ha accompagnati fino alla nostra meta. Arrivati al monastero abbiamo assistito alla testimonianza di due monaci che ci hanno raccontato la loro vita all’insegna della religione.
Il giorno più arduo della nostra avventura
Il giorno successivo avrebbe dovuto essere uno dei giorni più faticosi e così è stato. In mattinata abbiamo raggiunto il Monte Lema, dove una pausa è stata d’obbligo per poter ammirare la natura che ci circondava. Una volta ripartiti abbiamo riscontrato uno dei primi problemi della giornata: molti di noi avevano finito l’acqua e stavamo camminando in cresta sotto al sole. Data l’emergenza coronavirus ovviamente non potevamo condividerla quindi, abbiamo continuato a camminare sperando di arrivare presto in un posto dove poterci rifornire. Questo posto è subito arrivato. Abbiamo trovato una piccola baita dove si poteva comprare l’acqua. Il prezzo era però spropositato, allora abbiamo scelto di continuare a camminare, quando finalmente abbiamo intravisto un rifugio con una fonte d’acqua. Inutile specificare che ci siamo arrivati di corsa. Una volta reidratati abbiamo pranzato e poi siamo ripartiti.
Appena arrivati a Monteviasco, non abbiamo per niente attirato l’attenzione: ci siamo lavati in un lavatoio, accampati in un parchetto, cenato sull’H di atterraggio degli elicotteri a fianco ad un cimitero e fatto il bivacco di notte nello stesso posto.
Il gruppo si riunisce
La mattina seguente siamo scesi ai Mulini di Piero, dove gli eventi particolari non sono mancati. Il più coraggioso di noi ha fatto il bagno nel fiume congelato, la più sfortunata è stata punta da una zecca, e la più fortunata invece ha pestato il regalino lasciato dalle mucche al pascolo. Arrivati a Biegno ci siamo ricongiunti con due del clan che non erano potuti partire con noi. Con loro è arrivata anche la spesa che ci ha reso lo zaino più pesante di circa due chili. Dopo cena siamo saliti in cima al Monte Paglione a fare un bivacco con vista panoramica sulla città di Locarno illuminata durante la notte. La giornata, poi, si è conclusa a Monterecchio.
Il giorno successivo siamo stati raggiunti da altri due di noi: uno di ritorno dal campo di protezione civile e l’altra infortunata con un piede rotto. Sono stati accompagnati da Don Matteo che ci ha raggiunti per fare la Messa e per portarci una fresca anguria. Dopo aver assistito ad un primo assaggio dell’anguria, Don Matteo e l’infortunata sono ripartiti verso casa.
Gli ultimi giorni
La strada del giorno dopo in teoria doveva essere semplice, ma c’è stato lo zampino della pattuglia catechesi che ha deciso di complicarla un pochino. Siamo arrivati in cima al monte Cadrigna, dopo aver passato il Passo della Forcora e per fare l’attività programmata abbiamo dovuto scendere dal monte in due gruppi separati, uno a distanza di dieci minuti dall’altro. Fin qua tutto normale, peccato che, dopo un paio di minuti di cammino il sentiero non fosse più segnato e l’unica opzione era scendere dalla montagna ad azimut.
Ovviamente ci siamo persi. Il primo gruppo ha scelto di tornare in vetta e scendere dal sentiero che avevamo percorso salendo, mentre il secondo gruppo è riuscito a ritrovare il sentiero dopo aver fatto un pezzo ad azimut. Alla fine, i due gruppi si sono trovati uno dalla parte opposta della montagna rispetto all’altro, ma per fortuna è andato tutto per il meglio e ci siamo ricongiunti in prossimità del lago Delio che è stata la nostra ultima tappa della giornata. Una volta arrivati, ci siamo accampati vicino al rifugio e dopo aver fatto il bagno nel lago ghiacciato abbiamo deciso di festeggiare l’ultima serata di route concedendoci una cena a base di polenta al rifugio.
Il giorno dopo, con la tristezza dell’ultimo giorno della nostra avventura, siamo scesi fino a Maccagno ragionando su come avevamo vissuto il campo rispetto all’emergenza sanitaria, capendo che avevamo fatto il possibile per rimanere sicuri ma che potevamo certamente fare di più. Arrivati a Maccagno abbiamo concluso il campo con un bagno nel lago, dove, anche se profondamente tristi per la fine del campo, i sorrisi non sono mancati.
Sensazioni dei partecipanti
“Quello che mi era mancato di più è stato provare fatica prima di arrivare in vetta e ovviamente potersi vedere dal vivo.” Francesca
“Mi è mancato sentire una reale connessione con le persone e stare all’aria aperta, sembra una banalità ma sono rinata.” Beatrice
“Dopo tanto, ho potuto interagire con le persone, stare all’aperto, e soprattutto passare del tempo con degli amici.” Maddalena
“Finalmente potevamo dire ‘Dai ce la stiamo facendo!’, finalmente tutti gli sforzi fatti in questi mesi sono serviti a qualcosa. Potevamo pensare di esserci lasciati alle spalle il Coronavirus, di essere finalmente tornati alla normalità.” Andrea
“Mi è mancato poter suonare e cantare a squarciagola attorno al fuoco, poter dormire finalmente sotto le stelle la notte di San Lorenzo.” Asdghig
Asdghig e Valentina - Clan/Fuoco Delle Valli, Varese 1
Il racconto della nostra avventurosa route nel Parco del Gran Sasso (Abruzzo) e il nostro cammino di comunità, oltre che in comunità
La route estiva del mio Clan, il Veliero II del gruppo scout Luino I, verso Campo Imperatore (Parco Nazionale del Gran Sasso) è iniziata nel migliore dei modi: anziché arrivare in Abruzzo in 6 ore, noi abbiamo preferito impiegarcene il doppio e arrivare giusto per l’ora di cena. Appena arrivati, il nostro focoso entusiasmo è stato momentaneamente spento dalla pioggia. Per ripararci abbiamo deciso di montare le tende e, come per magia, ecco il vento! In un attimo eravamo diventati un divertente intrattenimento per le persone che ci filmavano sedute comodamente nei loro caravan. Dopo questo benvenuto, il sole, che ci aveva surriscaldato per tutto il viaggio in autostrada, è tornato da noi e ci ha permesso di cenare al tramonto in compagnia delle mucche.
Il vero inizio della route estiva
Il giorno seguente ci siamo incamminati verso Rifugio del Monte. È stata la giornata più stancante e questo ha aumentato la gratificazione ricevuta una volta arrivati in cima, sempre accolti da un magnifico tramonto abbinato perfettamente ai colori delle nostre tende. Durante la camminata si è aggiunta al gruppo Carolina, un teschio di mucca con molte forbicine incluse!
Il mattino seguente abbiamo assistito ad una testimonianza non prevista di un pastore che vive su quelle montagne da ormai 25 anni: voleva addirittura comprarci un caricatore a pannelli solari…
Spesso si dice che la strada giusta si trovi solo camminando, beh per noi non è andata così: il terzo giorno è stato il giorno delle strade sbagliate, come raccontato dal telegiornale della giornata (una simpatica cronaca presentata a turno da ognuno di noi). Dopo svariati tentativi siamo riusciti a raggiungere le cascate del Rio Arno. In attesa di chi era andato invano alla ricerca di approvvigionamenti, ci siamo dilettati cantando accompagnati dal magico ukulele. Dopo cena, sdraiati nel buio più totale, abbiamo guardato le numerose (non per tutti) stelle cadenti e ognuno di noi ha raccontato un’immagine che descrivesse la giornata trascorsa. Personalmente è stato uno dei miei momenti preferiti, forse perché ci ha fatto capire che alla fine noi siamo come le stelle: brilliamo grazie a qualcosa che non si vede.
La fine del cammino (fisico)
Il quarto giorno è stato, per la gioia di molti, l’ultimo di cammino. Durante il tragitto per raggiungere l’amato Campo Imperatore abbiamo sostato per uno dei pranzi migliori della Route: ci siamo messi alla prova con indovinelli improbabili proposti dalla pattuglia intrattenimento e ci siamo dilettati in forme artistiche alternative con i tatuaggi con l’henné.
Arrivati a Campo Imperatore ognuno di noi ha cucito un piccolo veliero di stoffa e tutti insieme abbiamo cucito il grande Veliero grazie al tempo trovato per le attività, le riflessioni e le condivisioni. L’attività inizialmente più odiata da tutti ma che si è rivelata molto utile è stato il dover dire un pregio e un difetto a ognuno di noi; affascinante come questo ci abbia aiutato a creare l’atmosfera adatta per la progettazione dei punti mancanti della Carta di Clan.
Il penultimo giorno è stato molto importante per la comunità: Greta ha preso la partenza e per questa grande occasione siamo stati raggiunti da altri membri del clan.
Come si è conclusa la route estiva
Tutte queste esperienze hanno aumentato l’unità all’interno del Veliero e così, l’ultimo giorno, sulla riva del mare toscano, abbiamo portato a termine la Carta, di cui andiamo molto fieri. Dopo un meritato bagno in mare e il punto della strada, siamo ripartiti verso la quotidianità e, per non smentirci, ci abbiamo impiegato il doppio del tempo.
Come la comunità di clan dei gruppi Lago di Varese 7 e Somma Lombardo 1 ha scelto di vivere comunque la route 2020
Incredibilmente e nonostante le mille difficoltà dovute alle restrizioni date dalle normative COVID, noi del clan Somma Lombardo 1 e Lago di Varese 7 siamo riusciti a organizzare e vivere la nostra route estiva. Per cercare di avere meno contatti possibili con persone esterne alla nostra comunità, abbiamo preferito fin da subito valutare l’idea di una route di cammino. Un altro problema che si è presentato è quello di studiare un percorso che permettesse per ogni pernotto la possibilità di montare circa una ventina di tende, dato che per le restrizioni non era possibile condividere la propria tenda con nessuno.
Per tutte queste questioni la scelta finale è ricaduta sull’Alpe Devero, al camping “Rio Buscagna”, in modo da poter avere abbastanza spazio per sistemare tutte le tende a distanza e riuscire comunque a vivere la strada.
Come ci siamo organizzati
Come per ogni route abbiamo optato per l’organizzazione tramite pattuglie, ovvero i membri della comunità si dividono in gruppi per studiare la logistica della settimana, ci siamo divisi in: trasporti, catechesi, attività e sentieri.
L’idea era infatti quella che ogni giorno avremmo camminato per poi tornare al camping per la sera. Ci sembrava un buon compromesso tra il vivere la strada e rispettare le restrizioni giustamente imposte causa emergenza sanitaria. Condizioni atmosferiche permettendo siamo riusciti quasi tutti i giorni a sfruttare i percorsi proposti dalla pattuglia intorno all’Alpe Devero, senza dimenticare i momenti di fede e le riflessioni personali sui nostri punti della strada.
Cosa ci spaventava
La cosa che forse più ci spaventava era quella di non riuscire a vivere a pieno questa esperienza essendo limitati sotto molti aspetti, come le distanze di sicurezza e le mascherine. Dal punto di vista pratico oltre alla questione delle tende non si poteva nemmeno cucinare in coppia, evitare di prestarsi materiale, non era possibile stare troppo vicini e ovviamente mantenere il più possibile il distanziamento sociale. Nonostante tutto questo, abbiamo voluto provare perché la voglia di vederci era davvero tanta, e alla fine possiamo dire che ne è valsa la pena. Siamo comunque riusciti a vivere un esperienza scout formativa per la nostra comunità.
Quello che è successo in route
Durante questa route abbiamo anche salutato due membri della comunità di clan che hanno reputato che l’Alpe Devero fosse il luogo adatto per prendere la propria partenza. Abbiamo avuto l’occasione di poter continuare, e quasi concludere, la scrittura della nostra carta di clan, e poterci chiarire le idee sulle intenzioni che avevamo riguardo al capitolo.
La route nel complesso è stata sicuramente diversa dalle solite, più che altro per quello che si poteva, o meglio che non si poteva fare. E’ stata e un’esperienza interessante per il clan sotto molti aspetti, in primis perchè era da molto tempo che non vivevamo momenti di comunità “in presenza”.
Conclusioni
Alla fine è stato bello, come tutte le volte, forse questa volta ancora di più a causa del lungo periodo di lontananza che abbiamo affrontato. Durante il lockdown abbiamo accumulato molta voglia di vederci, di abbracciarci e tornare a stare insieme, e non dico che sia stato possibile tutto questo in route, però è come se avessimo cancellato i mesi di quarantena e fossimo tornati alla normalità. Non abbiamo potuto abbracciarci, è vero, ma il non vedersi da dietro a uno schermo è stato come vedersi per la prima volta.
Ecco come il Clan Alba Errante dei gruppi scout Varese 3 e Varese 8 è tornato a camminare in Valmalenco
Era Marzo 2020 quando a causa del lockdown nazionale e delle varie manovre per arrestare la diffusione del Covid-19 AGESCI (l’Associazione Guide e Sout Cattolici Italiani) dovette interrompere l’attività scout in tutta Italia. Inizialmente si sperava che questa situazione sarebbe durata solo qualche settimana. Purtroppo come tutti sappiamo ci si è resi conto che ci sarebbe voluto molto di più per tornare alla normalità.
Per mesi migliaia di scout in tutta Italia sono stati costretti a sperimentare lo “scoutismo virtuale”, tramite riunioni fatte in videochiamata e attività svolte a distanza. A fine lockdown quindi, tutti avevamo bisogno di camminare insieme, di recuperare il tempo perduto e di capire se saremmo potuti partire per la route estiva o meno.
E invece…
Per un mese questo interrogativo ci ha spinto a chiederci se tutto ciò sarebbe stato permesso dai vari decreti, come avremmo potuto organizzarci e se ne sarebbe valsa la pena. Nonostante i dubbi, alla fine la voglia di tornare a camminare insieme ha preso il sopravvento. In un mese siamo riusciti ad organizzare un percorso di una settimana in Valmalenco nel mese di luglio. La difficoltà più grande che abbiamo dovuto affrontare oltre all’organizzarci nel poco tempo a nostra disposizione era assicurarci di rispettare al meglio le diverse norme anti covid imposte da AGESCI e dallo stato.
Non era ovviamente possibile condividere nulla fra di noi: ognuno doveva essere provvisto di cibo, acqua e persino di una tenda per dormire da solo e bisognava evitare di creare assembramenti sia durante il cammino che nelle varie tappe del nostro percorso. Purtroppo questo fatto ci ha in parte privati di quella che è un’esperienza da vivere all’insegna della condivisione e dell’aiuto reciproco, delle mani tese al compagno che non ce la fa più e al quale si offre la propria acqua e dei momenti passati a cantare abbracciati al freddo sotto le stelle.
Malgrado ciò è stata sicuramente una route indimenticabile: la voglia di tornare a camminare, il sentire riaccendersi lo spirito di un gruppo che era rimasto fermo per mesi e la gioia nel ritrovarsi di nuovo a faticare con i propri compagni per raggiungere una vetta. Questo è ciò che questa route ci ha donato e che ognuno di noi porterà per sempre con sé.
Le Comunità Capi della Zona Varese Agesci si sono ritrovate durante il weekend del 17 – 18 ottobre: ecco cos’è successo!
Cosa significa ricominciare? “Ricominciare è un atto di continuità” “L’arte delle preziose cicatrici” “Umanità”
Come ogni anno, le attività scout riprendono con l’Assemblea di Zona, un momento in cui tutte le Comunità Capi si riuniscono per riflettere, confrontarsi, formarsi e rilanciarsi per l’anno che inizia.
“Come ogni anno” anche se non è stato e non sarà un anno come tutti gli altri, per via della pandemia che conosciamo bene e che ancora accompagna le nostre vite.
E proprio la ripartenza, e un po’ la convivenza con il Covid-19 è stato argomento di discussione di questi due giorni. L’obiettivo era, in prima battuta, raccontarsi i difficili mesi passati dove praticare scoutismo non è stato semplice. Raccontarsi le soluzioni ideate, provare a trovare nuovi modi di fare attività e confrontarsi su come affrontare il nuovo anno.
Sabato: capire come sia possibileconvivere con il virus
Per fare questo, nella giornata di sabato, ci siamo divisi in piccoli gruppi in luoghi diversi della provincia (da Besnate a Luvinate, da Ganna a Velate). Nel corso della serata abbiamo potuto ascoltare le testimonianze di varie figure professionali che ci hanno raccontato le loro esperienze nei mesi passati: un professore, un educatore di un centro diurno, un educatore in un CRM (Centro Riabilitativo per la Mente), la responsabile di un centro di ospitalità per senzatetto e un educatore in un centro per disabili.
Sono stati racconti molto interessanti e, soprattutto, utili e stimolanti. Utili per constatare come altre realtà hanno trovato soluzioni e metodi per continuare il loro compito e la loro attività nonostante le evidenti difficoltà. Stimolanti perché anche le Comunità Capi, avendo un compito educativo, possano trovare motivazione e ispirazione per riprendere l’attività scout.
Domenica: confronto e proposte su un nuovo modo di fare scautismo
Domenica invece ci siamo chiesti, come educatori, cosa significa ripartire? Quali sono i nostri obbiettivi per il futuro? Quali sono state le difficoltà nel periodo di lockdown?
Senza dubbio, lo scautismo è un percorso formativo che trova le sue radici nella natura e nell’aria aperta. Forse la grossa difficoltà è stata proprio questa, l’impossibilità di sporcarsi le mani e un leggero menefreghismo che ci ha portati a chiuderci in una bolla. Le attività su zoom, per quanto abbiano aiutato a mantenere una certa costanza con i ragazzi, spesso si sono rivelate dispersive, specialmente con i più piccolini.
Noi, delle comunità capi, come è emerso di comune accordo, siamo carichi e ricchi di voglia di fare. La chiave di quest’anno è reinventarsi. Per molti mesi ci siamo sforzati come educatori a cercare di fare le stesse cose di prima, senza interrogarci sul senso delle singole attività ottenendo a volte scarsi risultati. In alcune settimane ci siamo persino arresi all’idea che non ci fosse più nulla da fare.
Il nostro proposito per l’anno nuovo, dunque, è reagire, dare il massimo per i nostri ragazzi, nei limiti delle disposizioni, cercando di non fare tutto e male ma proporre un metodo educativo nuovo, adatto ai tempi odierni, con un senso. “Poco ma di qualità” perché anche una sola ora passata insieme sia autentica e vissuta al meglio. Come abbiamo constatato in queste poche uscite post-lockdown, infatti, i ragazzi vogliono e hanno bisogno di ricominciare.
Giosuè e Francesca - Agesci Zona Varese
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